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L'antico gioco delle tre carte, l'ISIS, i ricchi paesi del golfo persico e la coalizione occidentale.

Un intreccio di interessi economici, posizioni strategiche e antiche rivalità religiose, si confondono e si mimetizzano all’interno dello scacchiere mondiale per la supremazia delle fonti energetiche, ma tutti i giochi hanno un trucco, basta essere molto attenti e scaltri.

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Cercare di capire come e perchè i conflitti mondiali si generano, quali oscure ragioni movimentano l’uomo ad uccidere il suo simile è veramente difficile, se poi le ragioni si nascondono sotto la bandiera di una guerra religiosa per coprire e mistificare una lotta al potere economico, alla conquista di risorse energetiche, o peggio nella minacciosa volontà di esportare giustizia e democrazia, allora diventa ancora più complicato.

Di una cosa sono certo, l’escalation della guerra in medio oriente contro i famigerati tagliagole dell’ISIS ha qualcosa di veramente strano, un intreccio difficile da comprendere, ma dove è facilmente intuibile che le notizie  dei media, proposte tutti i giorni, sono solo allarmismi codificati  e ci confondono sulla pericolosità dell’esercito jihadista con  informazioni pilotate, incomplete e probabilmente dettate da strategie oscure. Certo, i fondamentalisti sono pericolosissimi, conquistano terreno ogni giorno, hanno consenso tra molti giovani occidentali, ma tutto questo non ci fa capire l’intreccio, il pasticcio o forse l’occulta strategia  della coalizione internazionale guidata da Obama.

Facciamo qualche facile ragionamento: a Doha nel Qatar, c’è una delle basi statunitense più grande del  medio oriente, a Doha c’è anche la “CNN araba” Al Jazeera, l’emirato ha rapporti commerciali perfino con Israele e l’Iran, quindi si potrebbe definire uno stato moderato, ma  stranamente è l’emirato che ha più finanziato l’esercito jihadista sunnita, insieme ai sauditi, l’esercito del cosiddetto Califfato che oggi esprime la sua lotta contro gli “infedeli” occidentali, ma particolarmente contro il nemico numero uno, gli Stati Uniti.

Che i qatarioti da una parte, danno ospitalità sul proprio territorio agli “alleati” contro l’ISIS e appoggi la politica USA, potremmo definirlo del tutto normale, ma che gli Stati Uniti siano perfettamente informati che il Qatar foraggia sostanziosamente l’ISIS, l’esercito da combattere, è del tutto fantascientifico, anormale, perlomeno sospetto. Anche i sauditi da questo punto di vista non scherzano, ma i loro governanti hanno almeno rilasciato dichiarazioni ufficiali di condanna del Califfato, mettendo in guardia americani ed europei circa i reali pericoli che corrono, soprattutto a causa dei terroristi con cittadinanza occidentale che possono tornare nei rispettivi paesi solo esibendo il passaporto.

Ma chi sono i jihadisti tagliagola? sono sunniti creati, pagati e finanziati da Arabia Saudita e Qatar, nazioni che temono e odiano gli avversari sciiti, particolarmente presenti in Iran, temono sopratutto  l’espansione del loro potere economico, nonostante siano solo il 20% rispetto ai sunniti, un conflitto religioso, che nel tempo si è trasformato in una lotta alla predominanza di territori con grandi risorse energetiche. In questo debole equilibrio si inseriscono i potenti paesi occidentali, spinti dalla “nobile” ispirazione di esportare pace e democrazia, ma in realtà “ghiotti” di oro nero.

Un dato è certo, qualcuno dovrebbe spiegare come faranno i piloti degli aerei da guerra del Qatar, che partecipano nella coalizione, ad attaccare con serietà ed efficacia i miliziani di un Califfato, che proprio dal loro paese ha ricevuto soldi in quantità e aiuti di ogni tipo. Si ammetterà, spero, che l’operazione è quanto meno discutibile, e che l’intervento della  stessa  coalizione internazionale a guida USA rischia di diventare un flop colossale, la fotocopia della famigerata primavera libica contro Gheddaffi, dove l’aviazione di Doha partecipò attivamente con i franco-britannici e gli Emirati. In questa situazione confusa mi verrebbe da dire, “guai ai vinti”!

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