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E', questo, un mondo per donne?

La violenza di genere sta subendo un escalation preoccupante:179 donne uccise nel 2013 e 134 solo quest’anno. Ma cosa c’è all’origine di questo fenomeno?

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La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne fu istituita nel 1999, il 17 gennaio per la precisione, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: venne scelto il 25 novembre, ricorrenza dell’anniversario dell’assassinio delle tre sorelle Mirabal, uccise  nel 1960  nel tentativo di contrastare il regime del dittatore della Repubblica Dominicana Trujillo.

L’emblema  della lotta contro ogni forma di violenza di genere, è stato assunto dalle scarpe rosse, dopo che un’artista messicana, Elina Chauvet, progettò, nel 2009, un istallazione  artistica composta da centinaia di scarpe rosse da donna, per denunciare l’omertà, da parte del governo messicano, sulla scomparsa e l’uccisione di centinaia di donne a Ciudad Juàrez.

Maltrattate, picchiate, considerate bottino di guerra, stuprate, vilipese, strumentalizzate, abusate, annientate….La Storia non cambia.

Semmai si perpetra, epoca dopo epoca, secolo dopo secolo, come se le conquiste, il “progresso”, la civiltà, si estendesse per tutti gli ambiti, fuorchè per la condizione femminile.

Perché, se alla fine dell’anno  di grazia 2014 ancora si contano le vittime di femminicidi, violenza , discriminazione di genere, allora davvero i passi avanti dell’umanità non sono poi cosi’ grandi come si è sempre pensato. Se c’è ancora il bisogno di definire una Commissione parlamentare sulle Pari opportunità, una doppia preferenza di genere nella scheda elettorale che “obblighi” l’elettore a dare il suo voto ANCHE ad una rappresentante di sesso femminile, una giornata per dire “NO” alla violenza sulle donne…se  la nostra civiltà è ferma ancora a  questo punto, forse la battaglia per conseguire e raggiungere  la cosiddetta “parità” è molto lontana.

Ed il raggiungimento dell’equità  passa anche (o, meglio, soprattutto)  attraverso la comunicazione e i suoi modelli: la figura della  donna viene  veicolata attraverso un codice comunicativo sessista , frequentemente rozzo ed allusivo. Negli spot alla tv, sui cartelloni  pubblicitari disseminati nelle nostre città,  addirittura nelle pubblicità radiofoniche, la donna viene rappresentata come un pezzo di carne sensuale, disponibile, decorativo. L’uso strumentale di un sessismo così esplicito, crea nell’immaginario del pubblico maschile un’aspettativa irreale di disponibilità, che spesso trova il suo sfogo proprio nella violenza.

E gli ultimi dati parlano chiaro: in Italia viene uccisa 1 donna ogni tre giorni, spesso e volentieri l’assassino è il partner e la maggior parte delle violenze avviene all’interno delle mura domestiche. Ovviamente, quando si parla di violenze, non si circoscrive il termine ad un accezione prettamente fisica: violenza è anche, e soprattutto, psicologica, è economica, è verbale, è ricattatoria. La violenza di genere è un fenomeno sommerso: il 90% dei casi è confinato al silenzio, le donne non denunciano per paura che il compagno possa rivalersi sui figli, o  che possano essere private della prole, non  denunciano per la paura delle conseguenze , delle ritorsioni del partner stesso e anche del giudizio dell’ambiente in cui si è inseriti.

Perchè le donne, da sempre, hanno imparato a “stare zitte”, perché i “panni sporchi vanno lavati in casa”, perché  non vengono credute e i loro racconti minimizzati, trascurati, non presi con la giusta considerazione. E molto spesso la violenza di genere non è circoscrivibile ad una fascia sociale disadattata o disagiata:  la violenza è trasversale, colpisce la casalinga cosi come l’imprenditrice o la libera professionista e, soprattutto, tra le mura di casa.

Nessuna è immune da retaggi comportamentali talmente radicati, da essere durissimi da estirpare. E i retaggi si continuano a pagare.

A distanza di quasi 80 anni, ancora ci si porta dentro l’eredità  culturale e sociale di un’epoca, quella fascista, in cui vigeva un fortissimo ed esasperato modello patriarcale, in cui il superomismo era portato alle estreme conseguenze, e la donna rivestiva, nel migliore dei casi, il ruolo di angelo del focolare, dando per scontato che non era idonea a niente di diverso dalle mansioni domestiche. Fu interdetta da  ruoli pubblici e istituzionali, non poteva dirigere neanche una scuola, tutt’al più insegnare, ma sempre ricoperta da quella patina di scarsa competenza e credibilità che l’ha accompagnata per molto tempo.

Ad appoggiare  e, in un certo qual senso, a legittimare  il modello maschilista, ci ha pensato la Chiesa, che sovrapponeva al concetto della donna quello, indissolubile, di peccato. La donna tentò l’uomo nel giardino dell’Eden, la donna fu perseguitata nella caccia alle streghe, la donna è meretrice, è insidiosa, è involucro contenitivo dell’uomo. E’ adatta solo alla procreazione e ad accudire i figli e il marito, ma non ad esercitare il ministero sacro del sacerdozio.  Eppure, Mazzini, Padre della Patria, illuminato, nel suo esilio londinese, pubblico’ pagine in cui rivalutava e restituiva dignità alla donna, riconoscendole capacità d’intelletto, di azione, persino di giudizio…. con la conseguenza che   queste sue parole sortirono l’immediato effetto della scomunica da parte di un papato non ancora pronto ad accettare una verità di questa portata!

La  donna continua ad essere coinsiderata una “proprietà”. I  naturali diritti, inclinazioni, decisioni proprie di “essere umano” non vengono valutati anzi, semmai, combattuti. Una donna  non puo’ abbandonare il compagno, deve “stare con la famiglia”, anche se maltrattata, anche se infelice, perché l’”ordine naturale delle cose” è sempre stato questo.  Apertamente nessun uomo lo ammetterà mai, ma non si accetta che la propria compagna vada via e cerchi un’alternativa altrove, magari con un nuovo compagno: è umiliante, è un’offesa, è un attentato all’orgoglio maschile. Non viene accettato l’abbandono, il fallimento, la sconfitta. Ma, soprattutto, non si vede, nell’altro, l’essere umano con i medesimi diritti e con il medesimo rispetto.

La soluzione, forse, è da cercarsi in una radicale “rieducazione” sulla concezione intrinseca di “rispetto”, andare nelle scuole,  già dall’asilo, presso i bambini che stanno iniziando la propria formazione sociale, resettare la concezione maschietto = forte, coraggioso, “che non deve chiedere mai” e femminuccia= debole, emotivamente fragile, da proteggere.

Puntare l’attenzione , piu’ che sulla differenza di genere, sul rispetto reciproco perché ESSERI UMANI, con medesimi diritti, capacità, doveri.

E poi c’è l’accoglienza, l’ascolto attivo, il sostegno, perché non si vedrà mai una soluzione se si continua a minimizzare le problematiche, a mettere sempre il germe del dubbio nei racconti, negli sfoghi, nelle lamentele . Un grande aiuto, in questo senso, lo danno i Centri anti violenza a cui sempre piu’ spesso si rivolgono le donne maltrattate, persone anche avanti con gli anni che, stanche di subire , cercano in queste strutture aiuto e protezione, ma anche e soprattutto ascolto e comprensione .

L’aiuto e la presa di consapevolezza da parte delle  istituzioni, è fondamentale: attraverso un’opera di informazione, sensibilizzazione, prevenzione, formazione si potrebbe costruire una rete antiviolenza, protocolli, programmi psicoeducativi per i maltrattanti, andando nelle scuole, nei centri di aggregazione giovanili, a rieducare, ad informare, a ripristinare il concetto di uguaglianza, di rispetto, di  dignità.

Shakespeare scriveva, piu’ di 500 anni fa:

“La donna usci’ dalla costola dell’uomo.

Non dai piedi per essere calpestata nè dalla testa per essere superiore.

Ma dal lato per essere uguale (….)”

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