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Come eravamo: la Martinsicurese

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Da Il Martino cartaceo n. 10 del 30.5.2016

Ecco allora che i notabili del paese si riunirono; anzi cercarono di riunirsi ma non c’era un luogo per poterlo fare.

Sarebbe stato sconveniente riunirsi in piazza, all’aperto; oppure in un bar dove tutti avrebbero potuto ascoltare e spettegolare; come risolvere allora?

Come al solito venne in soccorso la Chiesa che quando vede delle pecorelle smarrite è sempre brava a farle rientrare nell’ovile, che ospitò la riunione nell’unico posto del paese capace di contenere così tante persone: l’asilo infantile retto dalle suore.

Presiedeva naturalmente il sindaco, Alberto Tommolini (Brtucc), parteciparono alcuni dei personaggi più in vista del paese, quelli che “di calcio ne capiscono”, non fosse altro perché avevano assistito più di una volta alle partite della Samb che già allora navigava a fasi alterne, tra i semiprofessionisti della serie C e i professionisti della serie B. Tra di essi si ricordano Gelasio Carbone (Glasie), Maggiorino Tattoni (Maggiurin), Alfredo De Amicis (Frducc), Gaetano Di Fabio (Caità D Quaiarul), Vittorio Tommolini (Vttorie), Oriente Ciampetti (Urient), Giacomo Vallese (Giacobb), Ennio Carbone, Mario Consorti (lu bciclttar), Pompei Raffaele (Tortellino) e tanti altri semplici appassionati.

Naturalmente non mancavano gli imprenditori, coloro che avrebbero dovuto finanziare la nascitura compagine che avrebbe tenuto alto il nome del nostro paese sui campi erbosi (mica tanto!) di tutto l’Abruzzo, anzi i più ottimisti si sbilanciavano e proclamavano baldanzosi “di tutta l’Italia”:

Non tutti gli imprenditori, quando si trattava di aprire i cordoni della borsa, erano sensibili all’amor patrio; testimoni oculari raccontano infatti che il più facoltoso di tutti, si tirò indietro e abbandonò seccato la riunione quando a precisa domanda (ma quanto ci potrò guadagnare?) qualcuno seccamente rispose “nulla, solo l’onore e la riconoscenza di tutti noi”

La riunione proseguì depurata della presenza di chiunque non fosse spinto alla partecipazione per passione pura e amore incondizionato verso i colori della Martinsicurese.

Già, i colori.

Fu proprio la scelta dei colori sociali l’oggetto del contendere di quella prima assemblea.

In effetti sulla scelta del colore azzurro, a rappresentare il nostro bel mare, furono subito tutti d’accordo; fu la decisione sullo scudetto da apporre sulla maglietta  che creò qualche malumore.

C’era chi voleva la maglietta tutta azzurra, senza nessun orpello che avrebbe potuto deturparne la bellezza e chi invece voleva che sul petto dei nostri baldi rappresentanti facesse bella mostra di sé uno stemma con un ippocampo a rafforzare la gratitudine che la nostra comunità deve al mare quale fonte di sostentamento per la quasi totalità dei suoi abitanti.

Prevalsero i sostenitori dell’ippocampo e finalmente una domenica del lontano settembre 1964, undici giovani martinsicuresi, della categoria allievi, provarono l’intensa emozione di indossare per la prima volta la maglia della S.S. Martinsicurese.

Prima partita e prima vittoria.

Peccato che si trattasse di una vittoria a tavolino per assenza dell’avversario, ma poco importa, l’importante è smuovere la classifica.

Al ritorno da Teramo, dove si sarebbe dovuta svolgere la partita, grandi festeggiamenti con bevuta gratis per tutti al bar di Mario D Mnat e, come ulteriore premio partita, il biglietto omaggio per entrare al cinema Ambra per la proiezione dell’ultimo film di Franco e Ciccio.

Capitano di questa prima rappresentativa martinsicurese era Sandro De Amicis, che, mettendo fine alla querelle che tanti storiografi ha visto discutere, possiamo quindi, senza ombra di dubbio, proclamare primo martinsicurese ad aver avuto l’onore di indossare la fascia di capitano. Certo, non si trattava della prima squadra (nel senso di squadra maggiore), ma semplicemente della squadra allievi, ma era pur sempre la prima (in termini assoluti)  Martinsicurese a scendere in campo.

Una squadra “maggiore”, iscritta al campionato di terza categoria, vedrà la luce solo nella successiva stagione 65/66.

A questo punto incombeva un’altra difficile decisione da prendere.

Chi sarebbe stato l’allenatore, la guida, il condottiero, il Mister, (come i più esperti calciofili già allora chiamavano il responsabile tecnico della squadra)?

Dopo interminabili discussioni tra chi (premonitore di quello che sarebbe diventato il calcio italiano dove poco spazio hanno i talenti indigeni) voleva un allenatore “straniero” (di San Benedetto del Tronto!) e chi invece, forse nostalgico dell’autarchia di Mussoliniana memoria, voleva un Mister “fatto in casa”, la scelta cadde sull’unico martinsicurese che potesse vantare un passato calcistico decente.

Ettore Micozzi (Ttrucc), fu convocato in sede e, con tutta l’enfasi che la circostanza meritava, fu nominato “primo allenatore della S.S. Martinsicuro”.

Ttrucc aveva giocato a Nereto in promozione.

Era un difensore rude ma leale, un uomo carismatico, di poche parole ma che sapeva farsi rispettare.

I suoi calciatori lo ammiravano e, senza mai discutere, in campo eseguivano i suoi ordini.

Tttucc non perdeva tempo a motivare le sue decisioni, si fa così e basta. Come quella volta che, nello spogliatoio, poco prima di un’ importante partita, forse decisiva per le sorti del campionato stesso, comunicò a una pedina fondamentale della squadra (Sandro, il capitano) la sua esclusione dall’undici titolare.

Nessuno osò chiedere il motivo di quella esclusione; ma dopo una attenta disamina degli avvenimenti delle ultime 24 ore, si capì che l’esclusione era dovuta semplicemente al fatto di essere rientrato tardi la sera prima per mangiare bomboletti e bere un boccale di birra.

Non era uno di quegli allenatori che cercavano sempre di accampare scuse quando la squadra perdeva; non se la prendeva mai con gli arbitri. Eccetto una volta, quando l’arbitro, colpevole di aver fischiato due rigori inesistenti a favore degli avversari durante un’amichevole, lo fece letteralmente infuriare, al punto da seguirlo fin dentro casa e continuare anche qui con gli improperi. Beh, in realtà la casa era casa sua, e l’arbitro era suo figlio Giuseppe (Peppe l’arbitro).

Certo, a quei tempi il calcio era una materia molto più semplice da insegnare rispetto a oggi. I difensori dovevano semplicemente evitare (con le buone o con le cattive) che gli attaccanti avversari segnassero, i centrocampisti dovevano semplicemente portare avanti la palla per servirla agli attaccanti che altrettanto semplicemente dovevano fare gol. Nessuno aveva mai sentito pronunciare quelle strane parole che si sentono oggi durante una telecronaca: ripartenza; taglio; sovrapposizione.

Dopo un primo anno di assestamento, già al secondo campionato disputato arriva il trionfo con la vittoria allo spareggio con il Nereto sul campo neutro di Teramo.

Poi arriveranno altri trionfi e Ttrucc detto La Iena continuò a sedere sulla panchina degli azzurri martinsicuresi fino alla stagione 1970/1971, quando si ritirò per dedicarsi esclusivamente all’altra sua grande passione, la pesca col suo battello.

 

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