Ancona

Conferenza a Jesi sulla tragica parabola dei templari: ricchi, potenti, sterminati

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Del più famoso degli ordini crociati, i Templari, ha parlato il 19 aprile in una conferenza nella Sala delle Riunioni di palazzo Bisaccioni di Jesi Giancarlo Ardenna, professore emerito  di Storia Medievale all’Università Cattolica di Milano, Accademico dei Lincei, Classe di Scienze Morali.

ANCONA – Insignito del “Federichino” nel 2000, Giancarlo Ardenna più volte ha tenuto conferenze a Jesi per la Fondazione Federico II Hohenstaufen. Questa volta è avvenuto in una sala gremita, alla presenza anche di un gruppo di studenti del Liceo Classico e dei professori Zannino e Belvederesi che li hanno accompagnati. La prolusione è stata introdotta da Loretta Fabrizi, assessore all’Associazionismo, che ha avuto parole di molta stima per l’attività più che trentennale della Fondazione e per le relazioni che questa ha saputo intrecciare con altre importanti realtà. Il relatore nela conferenza tenutasi a Jesi ha quindi affrontato l’argomento, ‘I monaci guerrieri: i Templari, Federico II e le Crociate’, con uno sguardo a tutto campo, non limitandosi cioè a considerazioni relative alla storia di una specifica ‘milizia di soldati della fede’, ma inquadrando il tema in un più ampio contesto storico.

Dei Templari si è parlato e si continua a parlare da secoli. Sulla vicende di questo potentissimo ordine combattente sono stati scritti libri a profusione, senza tuttavia giungere a conclusioni definitive. È in ogni modo importante considerare i fatti salienti che interessarono  questa milizia per trarne almeno deduzioni logiche e attendibili.

Fu un gravissimo fatto di sangue a motivare la fondazione dell’ordine dei Templari: l’uccisione da parte dei saraceni di settecento pellegrini che, dopo aver visitato Gerusalemme si erano spinti oltre per vedere il Giordano. Fu allora che due nobili franchi, Ugo di Payns e Goffredo di Saint-Omer, decisero di reclutare un piccolo gruppo di connazionali – appena nove – per difendere quanti  si recavano in pellegrinaggio in Terrasanta. In breve tempo molti altri cavalieri si aggiunsero, perciò Ugo di Payns fu costretto a chiedere a Baldovino II, re di Gerusalemme, una sede che ospitasse la confraternita. Baldovino II concesse la Spianata del Tempio dove sorgeva prima il Tempio di re Salomone e la moschea di Al-Aqsa che i Franchi avevano utilizzato come palazzo reale. Dal nome di questi luoghi sarebbe appunto derivato l’appellativo di ‘Cavalieri Templari’. Il Concilio di Troyes, nel 1129, avrebbe sancito tutte le norme della regola della confraternita. I Templari diventavano un ordine religioso alle dipendenze del Pontefice. Oltre però all’obbligo di attenersi a disposizioni di carattere religioso relative alla preghiera e alla vita in comunità, gli adepti erano autorizzati anche ad usare le armi contro gli infedeli. Per questo non mancavano nella regola anche prescrizioni riguardanti l’abbigliamento militare -la cappa crociata era bianca a simbolo di carità – come pure tecniche di addestramento e di combattimento.

Giancarlo Ardenna

Le disposizioni furono inizialmente 72 che aumentarono nell’arco di due secoli fino a raggiungere il numero di 678. Avrebbe pensato Bernardo da Chiaravalle a teorizzare la regola. Nipote di uno dei primi fondatori dell’ordine dei Templari, Andrea di Montbard, dopo essere stato per breve tempo cavaliere si dedicò alla vita monastica entrando nell’ordine dei Cistercensi. Saggio, coltissimo, mistico, teologo, ricevette incarichi molto importanti dalla Chiesa. Partecipò al concilio di Troyes sostenendo con ardore i propositi del ‘monaco combattente’ per i quali non era da ritenere colpevole chi uccidesse in nome della fede. I Templari si sarebbero distinti per la difesa del Santo Sepolcro in numerose battaglie acquistando sempre maggior credito in tutta Europa. Erano diventati intanto ricchissimi per aver diffuso l’uso della ‘lettera di cambio’ in tutta le loro sedi di oriente e occidente, secondo una normativa semplice che permetteva ai mercanti di viaggiare in sicurezza e ai Templari di guadagnare sul cambio di valuta e sul denaro ricevuto in deposito che potevano mettere a frutto nel tempo che precedeva la restituzione.  I Templari non mancarono così di prestare denaro anche a sovrani, diventando una vera e propria potenza economica.

Suscitarono perciò l’avidità di Filippo il Bello, re di Francia che si era fortemente indebitato con loro soprattutto per sostenere la guerra di Fiandra. Atroce fu il complotto che ordì contro la confraternita. Accusò l’ordine di attività immorali, sataniche ed eretiche producendo una mole di inattendibili testimonianze. Riusciva così a cancellare il suo debito perché questa disposizione sanciva la legge in caso di eresia. Ne derivava poi che l’ordine sarebbe stato inevitabilmente abolito perché il papa, Clemente V, non avrebbe potuto soccorrerlo. L’operazione fu rapidissima. Nella notte tra il 12 e il 13 ottobre 1307 Filippo il Bello fece arrestare tutti i Templari presenti in Francia e confiscò tutti i loro beni. Sarebbe seguito un lungo processo con condanne al carcere perpetuo o  al rogo. Bruciò tra le fiamme anche  il grande maestro dell’ordine, Jacques de Molay. Per quanto lo riguarda si è a lungo ritenuto che non avesse doti di comando e di diplomazia per non essere riuscito a risolvere il conflitto con l’energia che avrebbe richiesto. Oggi si vanno formulando altre ipotesi effettivamente non prive di fondamento. La regola dell’ordine vietava di combattere altri cristiani, perciò è plausibile che i Templari abbiano preferito arrendersi piuttosto che resistere con le armi. Inoltre morire per la fede era da loro considerato un martirio degno di gloria. Vero è in ogni modo che la storia di ogni tempo ed epoca non è solo da leggere e da riportare per fatti e date, ma da meditare senza pregiudizi.

Del rapporto fra i Templari e Federico II il relatore ha durante la conferenza tenutasi a Jesi parlato brevemente, ma incisivamente. Tra l’Imperatore e l’ordine non vi furono sempre rapporti cordiali. Quando scoppiarono conflitti con il papa, ai Templari, che ne erano paladini e dal quale erano protetti, vennero confiscati i beni da Federico II; il quale  tuttavia in punto di morte chiese che venissero a loro restituiti.

A  quanti ascoltavano, soprattutto agli studenti, il prof. Ardenna ha lasciato infine una meditazione. Può essere considerato davvero una ‘guerra santa’ un conflitto che semini la morte? Bernardo da Chiaravalle lo sosteneva, nemmeno appellandosi alla difesa degli oppressi, ma all’esistenza di un ‘male assoluto’ da combattere con le armi. Oggi in essenza il quesito amaramente si ripropone.  

Augusta Franco Cardinali

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